“La stella nel quadro” è l’opera prima della giovane scrittrice napoletana Maria Certo e, come la quasi generalità delle opere di esordio, sottolinea un evidente empasse nel trasferire sulla pagina tutto ciò che la fantasia crea e la mente elabora, di dare un ordine rigorosamente logico e razionale alla espressione, di ordinare i significati e le immagini che nascono liberi e per onde impetuose e, appunto perché tali, rendono necessaria la ricerca di un limite che li contenga e ne smorzi l’eccessivo impeto. Operazione, in verità, quasi pienamente condotta a termine con successo dall’autrice che non ha comportato la diminuzione della verve, della freschezza, dell’incisività, del tessuto espressivo.
La vicenda che caratterizza il testo è estremamente semplice e notevolmente complessa, a un tempo.
Semplice, in quanto segue un suo corso che giunge ad effetto, sia pure fra molteplici, cambiamenti di scena e di prospettiva, che servono ad eliminare il rischio del convenzionale nell’esito conclusivo.
Enzo e Chiara, vecchi compagni di Liceo, si incontrano dopo tanti anni, l’uno con un’esperienza matrimoniale naufragata, della quale rimane un figlio, adolescente, Matteo; l’altra, alla ricerca di un equilibrio, psichico e sentimentale, a livello affettivo, a legami d’amore, a prospettive di vita, che mettano ordine alla sua esistenza.
Ricordano i tempi passati e scoprono di essersi inconsapevolmente amati, di avere sprecato tanto tempo, prima di chiarirsi e di decidere la loro unione.
All’interno di questa trama, le peripezie della giovane, i progetti dell’uomo, le reciproche insoddisfazioni, l’adolescenza infelice e da orfana di Chiara, strappata alla nascita dalla madre naturale, la quale altri non è che l’insegnante, apparentemente scorbutica, di Enzo.
Un romanzo, in sintesi, questo di Maria Certo che si segnala per originalità espressiva e di contenuti, che le apre nella maniera migliore l’accesso all’arduo territorio della letteratura.
Stefano Mangione
|