Il breve saggio “Ecologia e Sintesi” è il tentativo di voler porre un punto alle esigenze di approfondimento teorico e di giustificazione culturale della prepotente neocoscienza ambientalista che, quando non è di maniera, stenta spesso a trovarsi e ritrovarsi in princìpi profondamente radicati nella cultura occidentale assumendo spesso i toni poco convinti di argomentazioni temporanee e posticce mutuate spesso da idee eterogenee quando non divergenti, importate attraverso le epoche e le culture lontanissime tra loro.
Questo saggio è uno sfogo (di quelli senza fiato) portato al tentativo di evidenziare uno (solo “uno” tra gli innumerevoli) dei possibili percorsi coerenti di pensiero tra le epoche e le intelligenze della nostra storia (umana) e della nostra cultura che da sempre ma in modo latente sono alla base di tecniche e concetti “ecologisti” (ante litteram) che sembrano illuminare di nuova luce l’uomo del XXI secolo illudendolo di una presa di coscienza, più figlia di un tardivo e goffo risveglio da distrazioni spesso colpevoli, che delle sue supposte magnifiche sorti e progressive.
In vero di “ecologia” e di rapporto tra uomo e natura si è tanto dibattuto sin dalle origini del pensiero umano, ma è dal XVII secolo che tale dibattito assume toni e metodi di analisi sorprendentemente moderni.
È in questo secolo che si intravedono i prodromi della rivoluzione industriale: è con il colonialismo, infatti, che inizierà la rincorsa all’accaparramento delle risorse, che cambierà l’antropologia e gli assetti politico – culturali, fino a quel momento dominanti sul pianeta.
Nonostante quindi un tale interesse alla mutante “situazione” che già 400 anni fa allarmava i pensatori mantenendo, senza soluzione di continuità, alta una simile attenzione fino ai giorni nostri, sembra assurdo come solo ora l’opinione pubblica si stia appropriando con difficoltà di una tale coscienza.
Sembra riduttivo, d’altra parte, ascrivere una simile macroscopica miopia storica a banali ragioni di interesse mercantile sostenuto da potenze politiche e militari che, di volta in volta, si sono succedute sullo scenario mondiale; la questione potrebbe avere ragioni ben più profonde da ricercarsi nella natura stessa dell’uomo, o almeno di quella genia di uomini che hanno prodotto e imposto la cultura (intesa come visione filosofica e religiosa del mondo) che ha portato alla frattura forse irreparabile tra umanità e natura.
Un simile “far west” (inteso come tensione alla azione umana qualsiasi siano le conseguenze), ci fa illudere che sia possibile sanare la situazione del pianeta usando gli stessi metodi che ne hanno causato la corruzione, senza, cioè, mettere in discussione la collusione tra azione politica ed economia: non dovrebbe essere ammissibile at- tendere che sia considerato “conveniente” salvarci dall’estinzione.
Per questo difetto di fondo i tentativi fin ad ora fatti di trovare una concertata azione politica globale sono tutti falliti poiché in ballo c’è ben più che un riassetto industriale o un rivoluzionato quadro geo-politico: non esiste mutamento climatico trentennale causato dalle azioni umane, che, attraverso queste, non possa essere corretto in un quinquennio; la allarmante situazione in cui questa epoca si trova si è sviluppata ed incancrenita nei secoli e un tentativo di bonifica pretende di mettere in discussione quella “macchia umana” dell’idea stessa che l’uomo (a cominciare da quello occidentale) ha prodotto di se stesso e dei suoi valori.
Il cammino accidentato ed incompleto tra le infinite contraddizioni che questo disagio, interno ed esterno alla storia dell’umanità, ha provocato con i suoi tentativi di opera ma sopratutto con le sue omissioni, tento, nelle pagine che Vi propongo, di descrivere racchiudendo in ambiti di discussione diversi (filosofico, scientifico, etico, storico, politico, economico, etc.) il difficile rapporto di sintesi tra uomo e ambiente.
N. G. C.
Lecco, Febbraio 2007
|