Ciascuno degli Stati membri dell’Unione Europea sancisce nel proprio ordinamento giuridico (per l’Italia, l’art. 24, comma 1, Cost.) il diritto di ogni cittadino di agire in giudizio per la tutela dei proprî diritti o dei proprî interessi.
Ogni cittadino che si affermi titolare di una situazione di vantag-gio riconosciuta dal diritto sostanziale ha, dunque, il diritto di chiedere ed ottenere protezione giurisdizionale attraverso le diverse forme di tutela messegli a disposizione da ciascuno Stato, al fine di ottenere, nei limiti del possibile ed a seconda del diritto azionato, quelle stesse utilità da egli non conseguite per la mancata o difettosa cooperazione del soggetto tenuto al rispetto delle norme di tutela primaria già previste dal diritto sostanziale a garanzia di quella riconosciuta situazione di vantaggio.
La massima forma di tutela giurisdizionale che ciascuno di tali Stati garantisce al proprio consociato è quella di cognizione piena la quale – funzionalmente destinata all’attuazione in via normalmente secondaria e sostitutiva (sanzionatoria) del diritto, attraverso il suo pieno ed integrale accertamento – è strutturata in modo tale da concludersi con una pronuncia assoggettata ad una serie limitata di riesami del giudizio, il cui esaurimento dà luogo all’incontrovertibilità propria della cosa giudicata, ossia, in altre parole, a concludersi con un provvedimento avente l’attitudine al giudicato formale e contenente un accertamento idoneo al giudicato sostanziale.
Il tutto mediante lo svolgimento di un lungo e complesso processo in cui la pienezza e l’integrità della cognizione si realizzano attraverso: a) la completa instaurazione del contraddittorio in forma anticipata, per cui il provvedimento è emanato solo dopo che sia stata garantita ad entrambe le parti la possibilità di far valere tutte le proprie difese; b) la predeterminazione legale delle forme, dei termini, dei poteri e dei corrispondenti doveri e facoltà processuali delle parti e del giudice quali modalità prestabilite di realizzazione del contraddittorio mai rimesse integralmente alla discrezionalità del giudice; ed, infine, c) il raggiungimento di una stabilità della decisione rappresentata dalla circostanza che all’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato formale è attribuita la forza di giudicato sostanziale, ex art. 2909 c.c., in tutti i giudizi fra le parti, gli eredi e gli aventi causa, anche ove il diritto accertato entri in gioco come elemento della causa petendi di un diverso petitum di un nuovo giudizio.
Il proprium della cognizione piena va dunque colto nell’effettiva realizzazione del contraddittorio in forma piena ed anticipata, in modo tale che l’accertamento finale possa essere dotato del regime di immutabilità che caratterizza il giudicato sostanziale. La predeterminazione legale delle forme e dei termini di realizzazione del contraddittorio consente, poi, di assicurare che le parti siano titolari, anche nel corso dello svolgimento del processo – e non solo in quello della sua messa in moto – di poteri processuali e non di soggezioni e che la cognizione – cioè il processo di formazione del convincimento del giudice – sia nella sua massima parte controllabile in iure e non rimessa alla discrezionalità del giudice con il suo solo obbligo di motivare in modo logi-camente corretto il perché delle sue scelte. […]
Tratto dall’Introduzione a cura dell’Avv. Giovanni Porcelli