Descrizione
L’Autore interpreta in chiave narrativa due cesure fondamentali per la storia reggina: la frequentazione precoloniale greca dell’estremità meridionale del territorio calabrese, tramandataci dalla storiografia e dalla letteratura antica attraverso una serie di episodi mitici, e la penetrazione del cristianesimo nella Reggio romana, attraverso la predicazione diretta dei primi missionari del Vangelo. Ognuno dei racconti, sebbene molto lontani nel tempo, incarna pertanto un momento di trapasso tra due differenti sistemi valoriali a livello ideologico e religioso.
Il titolo evoca in maniera diretta il luogo fisico dell’Artemision, il tempio di Artemide, cuore della vita reggina dell’antichità, che certa tradizione lega alla figura di Oreste, e scenario del celebre episodio della colonna ardente di Paolo di Tarso rielaborato da Kessel Pace.
In entrambi i racconti i protagonisti portano il peso di una grande responsabilità con dignità e coraggio. Da un lato l’eroe mitico Oreste si carica della sua colpa soffrendo dolori indicibili fino alla purificazione nel Metauro; dall’altro, personaggio storico, ma figura non meno eroica, Paolo di Tarso è il portatore di un messaggio nuovo che sfida l’autorità e la religione pagana, e ne esce vittorioso.
In entrambi i personaggi è inoltre chiara la contrapposizione all’ordine costituito, ma non del tutto assimilabili sono gli esiti delle due vicende. Oreste sfida l’ordine degli dei, subendo per questo il castigo delle Erinni, ma è pronto a essere riaccolto nella società degli uomini dopo un processo di espiazione e di purificazione indicatogli dagli stessi dei attraverso l’oracolo. Paolo sfida la legge degli uomini e degli dei pagani, ma la reintegrazione non è possibile; la sua vittoria è piuttosto nella forza stessa della sua predicazione: il seme di una rivoluzione.
Il territorio reggino è terra lontana dalla madrepatria (e non ancora terra coloniale) per Oreste che per espiare la sua colpa deve anche fisicamente allontanarsi dalla comunità in cui vive; terra di passaggio per Paolo, uomo di una provincia romana, che deve essere giudicato a Roma per empietà.
L’Autore attinge al mito e alle fonti storiche ma imprime ai suoi personaggi una forza e una vivacità che donano loro autonomia, facendoli vibrare di vita propria, come accade per certe riletture recenti (anche cinematografiche) della letteratura antica. Anche il linguaggio sembra avere come modello la poesia epica: si possono rintracciare alcune strutture formulari o termini di sapore classico; la prosa è però sempre asciutta e piana, e la lettura scorrevole e sempre godibile.
Manuela Labate