Descrizione
1) Una Palma d’oro e un Oscar europeo come miglior attore, eppure, la prima cosa che associo al suo nome è un suono. Rimane nelle orecchie, e sotto la pelle, quell’«amore» – appellativo che il protagonista da lei interpretato in Dogman utilizza rivolgendosi ai cani – pronunciato con consapevolezza dolceamara. Li chiama, ed è come se volesse allo stesso tempo proteggere e incitare; e in quel chiamare – che in una sorta d’identificazione inspiegabile colpisce chi guarda e ascolta – sembra vivere tutta l’offuscata lucidità di un uomo che non può scappare da sé stesso, dal bene e il male che abitano in tutti, dalla lotta universale e senza tempo fra queste due forze, dal gioco ancestrale fra vittima e carnefice che si diverte a invertire le parti da recitare. Ma è chiaro – e la sincerità, la veracità, di quel suono che tanto smuove e scuote ne è testimonianza fedele – che più che recitare lei abbia semplicemente, un semplicemente che rima con verità e non con facilità, raccontato. Perciò vorrei chiederle: quanto coraggio ci vuole per accettare le sfumature, le zone d’ombra, le vie di mezzo? Per fare pace con l’idea che l’assoluto è quasi sempre il compromesso fra due poli puri che nella realtà si sporcano? E questo coraggio è qualcosa d’innato o non può esistere, invece, senza l’incontro con la paura – di perdere qualcuno, qualcosa, un’idea, un sogno, sé stessi?
Il coraggio ci vuole sempre nella vita: senza coraggio non si fa niente, non ti alzi neanche la mattina; se non hai coraggio rimani a dormire nel letto, comodo comodo, a casa tua. C’è papà che ti fa le cose, c’è mamma che ti lava i panni, e ti adagi nella tua vita mentre credi di fare cose grandi. E invece poi ti ritrovi ad avere 40 anni e a essere un mammone. Un po’ come succede al Sud, dove spesso ci si fa prendere dalla lamentela invece di avere spirito di iniziativa. Però, questo non vale per tutti. Gli scout, ad esempio, si danno da fare, si sono sempre dati da fare. Ed è tramite l’esercizio del fare che a me hanno sempre insegnato qualcosa. Sono persone di poche parole ma dai fatti concreti. Ricordo ancora quando ripristinavamo Pentedattilo, tagliando le staccionate, tirando fuori le strade che erano sepolte; mi ricordo quando aiutavamo i barboni che avevano bisogno; mi ricordo quando andavamo a dare una mano all’ospizio, facendo compagnia ai vecchietti. Tutto questo succedeva circa venti, venticinque anni fa, quando ancora ero lì in Calabria.
Quindi, il coraggio certo che ci vuole. Devi avere coraggio per alzarti la mattina e andare al freddo e assistere persone che non conosci. Però penso che non bisogna essere avari, anche perché arriva un momento in cui comunque la vita ti premia.
Per quanto riguarda la paura, lei è sempre lì ad aspettarti, non è un sentimento che c’hai o non c’hai. Un po’ come accade con tutti gli altri sentimenti che vivono dentro te: la tristezza, l’amore, l’odio… sta tutto nel nutrimento, dipende quale sentimento decidi di nutrire. Se nutri la paura, la paura cresce e il coraggio muore; se nutri il coraggio, il coraggio cresce e la paura muore. Conta e comanda l’opera dell’annaffiare e dare acqua. Se dai l’acqua al bene, il bene cresce, se dai l’acqua al male, il bene muore.