Descrizione
Vincitore della terza edizione del Premio Letterario Internazionale “Gaetano Cingari” 2008 sezione Silloge Inedita
Una ricerca raffinata e tenace
Valeria Serofilli s’interroga frequentemente nel suo discorso artistico-letterario sul senso e sul valore attuali della poesia, nonostante l’incipit apparentemente negativo di un testo elaborato con sicurezza e felicemente strutturato nelle sue parti come Segmento di lucertola: “Non dichiarano poetiche – dici – / i poeti veri” (vv. 1 – 2); e infatti la stessa lirica contiene indicazioni preziose circa l’orientamento culturale e le fondamentali opzioni etico-artistiche della giovane e valorosa poetessa, che prosegue con indubbia coerenza e tenace convinzione un percorso intelligente e creativo, ove l’originalità degli accenti si unisce al “colloquio” sottile e stimolante con altri autori, innanzitutto con Mario Luzi, non rinunciando al confronto serrato con l’opera dei pittori.
Se in precedenti raccolte la Serofilli era incline a riconoscere all’attività poetica, forse memore di un celebre luogo dell’Ars poëtica oraziana (“Aut prodesse volunt aut delectare poëtae”, v. 333), anche una funzione confortatrice, spiritualmente consolatoria, in questa silloge la tensione conoscitiva appare senz’altro dominante e centrale: “Si dimena / il loro fare, segmento di lucertola / in vortice eterno / eterno movimento / all’unisono col pensiero (…) Lucertola in segmento, la poetica / mulinello d’idee / forza centripeta / che genera catarsi, sacrificio funzionale / alla rinascita” (ivi, vv. 3-5, 7-10).
È questo un passo significativo che vale la puntualizzazione di coordinate ideali entro cui non sono ammessi cedimenti agli artifici mediocri degli “pseudo salotti saltimbanco”: “Non chiede / la Poesia / pseudo salotti e Scuole / di scrittura / che poco hanno a che fare / con la letteratura” (Pseudo salotti e Scuole di scrittura, vv. 1-4); mentre il discorso meta poetico prosegue in altri componimenti:
“Poeta è colui che non aspetta / la vita come a una fermata / ma anche colui che sosta e che resta (…) da solo a creare e a ricreare (…) Poeta è colui che sa di viaggio / di cielo monte prato ed ha / il coraggio di trovare tutte le risposte / in valige di concetti malriposti” (Creativo; vv. 1-3, 6, 10-14); “Se casomai servisse a qualche cosa / delucidarne il lucido sentiero, ti / spiegherei che quel che avverto è vero / e non son versi buttati alla rinfusa” (Se casomai spronato, vv. 5-8).
Evidentemente, ove la ricerca poetica risulti animata da un prevalente intento di decifrazione razionale della realtà, da un primario impegno di concettualizzazione, può rischiare l’aridità dell’intellettualismo, cioè lo schematismo soffocante insito in un’operazione di distaccato filtraggio dell’esperienza umana e dei suoi momenti anche emotivamente salienti.
Nei versi della Serofilli un tale esito non si verifica mai; il proposito di conoscenza poetica è in funzione di un’intensa partecipazione alla dinamica naturale nelle forme di un vitalismo coinvolgente e tonificante:
“Fra i capelli raggi / di mille florescenze / nelle vene caldo fiorir di desiderio / a ritrovar sapori / in polline d’ardori” (Primovere, vv. 8-11).
Si conferma comunque l’idea che per l’autrice la poesia è essenzialmente ricerca di senso ( “Se poi a prescindere / il senso / batte in testa, è festa di ritorno / di vita e di ricordo”, Un altro verso, vv. 1-3) e la focalizzazione dei significati avviene tramite la meditazione sul tempo.
Penso che sia proprio la considerazione critica della temporalità a orientare e definire la fisionomia strutturale complessiva del libro della Serofilli.
L’àmbito temporale è via via còlto e rappresentato ora sotto l’aspetto della ciclicità, ora sotto quello dell’attimalità.
L’uno viene determinandosi come il momento-motivo della ricorrenza, della ripresentazione, del ritorno, del ricordo:
“Ciclicità è rinascita / ma sfianca: / gemme continue germinano stress / e a ripetersi, l’indefinito / già sei fortunato / Ma quale fugace fuga e fuggitiva / si prescrive nel flusso che furtivo / ci consuma?” (Via di fuga nel dislessico, vv. 4-9):
“Di quando la sera s’incontra con il giorno / e questo le promette un suo prossimo ritorno” (Che begli occhi con questo cielo, amore, vv. 8-9).
L’altro come il momento-motivo dell’unicità, dell’irripetibilità, dell’incomparabilità:
“L’irripetibile dato della vita / nell’oblìo di risalita / leggo / che ritmiche scandiscono le dita / per non tuffarmi nel risucchio / del già detto” (Gli ulivi abbacinavano il sentiero, vv. 13-17);
“Voglio gustare il volo di quel varco per il momento (…) La gioia di questo nostro controsenso / l’estasi di un istante tutto mio” (Completamente fuori dal mondo, vv. 8-9, 12-13).
Siamo dinanzi a situazioni psicologiche ed esistenziali a una prima considerazione antagonistiche, intimamente contraddittorie, e di questa contraddizione si nutre il lavoro artistico della poetessa, che nondimeno rivela una sincera aspirazione alla composizione, alla sintesi armonizzatrice, tentata e ritentata e perciò vivamente sofferta.
Se il tempo scorre inarrestabile, invertirne la dinamica opaca e impersonale con l’energia trasfigurante della sensibilità individuale, arricchirne il meccanico fluire di intensi apporti soggettivi, equivale a dare profondità a valore non transeunte, addirittura “eterno” a determinate situazioni:
“Così ti amo / in un istante / di tutto che sia eterno / in un attimo di vita che non attenda”, Sonetti d’etere, vv. 1-16).
Un tale equilibrio non è ovviamente dato per sempre, va bensì ricercato e ristabilito ogni volta; e la poesia di Valeria Serofilli testimonia che, se esso può rivelarsi precario, non è di certo inconsistente e falso.
Floriano Romboli