Descrizione
A metà strada tra leggenda e fantasia, il libro racconta la storia di un giovane pellarese vissuto nei primi anni del ‘900 che, secondo la tradizione orale locale ripresa in un articolo a cura di Emilio Roccabruna e pubblicato su “Calabria Sconosciuta”, avrebbe preconizzato il terribile Terremoto del 1908.
Soprannominato così perché trascorreva le sue notti nella contemplazione assorta delle stelle, Stidduzzu per questo stesso fatto venne emarginato e umiliato dai suoi compaesani, gli abitanti di un borgo spezzato in due tra il quartiere marinaro e l’area rurale incapaci di comprendere la profondità del suo animo. Stidduzzu è dunque considerato un pazzo o, più banalmente, lo “scemo del paese” e pertanto il suo monito, il suo grido disperato d’allarme, viene ignorato.
Il romanzo è però ambientato a cavallo del nuovo millennio, infatti ripercorre la storia di Stidduzzu attraverso gli occhi e le azioni di due adolescenti a noi contemporanei, studenti della Scuola Media “Don Bosco”, i quali, introdottisi per gioco in un rudere della campagna pellarese, trovano le lettere che quasi un secolo prima Stidduzzu scriveva alla madre defunta. I due conducono dunque una rocambolesca indagine, alla stregua di goonies nostrani, guidati dalle parole e dalle allusioni di Stidduzzu, nel tentativo di scoprire chi era il personaggio misterioso, celato dietro un vezzeggiativo così bizzarro, che scriveva alla madre lettere colme di dolore.